Come smaltire i rifiuti speciali?
Come smaltire i rifiuti speciali è una questione fondamentale per ridurre l’inquinamento ambientale e l’impatto delle attività antropiche sul pianeta. Per questo è importante regolamentare la materia a livello legislativo: si tratta di un tema di interesse pubblico ed è necessario che vi sia una normativa nazionale in merito. Prima di capire come smaltire i rifiuti speciali occorre conoscere cosa dice la legge in proposito. Continua a leggere l’articolo se vuoi saperne di più!
Secondo il decreto legislativo 152 del 2006, si definisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. È importante sottolineare che il detentore non è necessariamente chi produce il rifiuto, ma chi ce l’ha in carico. Ed è proprio quest’ultimo soggetto che è incaricato di gestirlo, riciclandolo oppure smaltendolo. Per quanto riguarda i rifiuti, questi si suddividono in due principali categorie: I rifiuti urbani vengono prodotti a livello civile, ovvero dai privati cittadini. I rifiuti speciali vengono prodotti dalle attività commerciali e industriali e dalla ricerca medica e veterinaria. In questo articolo parleremo di come smaltire i rifiuti speciali.
La gestione dei rifiuti: il registro di carico e scarico.
Nell’articolo n. 190 del decreto di legge 152/2006 si prescrive che i produttori di rifiuti hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico dove annotare tutte le informazioni sui rifiuti, tanto a livello quantitativo quanto a livello qualitativo. Tali informazioni devono essere annotate sul registro entro 10 giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dal suo scarico e comunicate al Catasto.
Per quanto riguarda la questione su come smaltire i rifiuti speciali quindi, la scelta delle aree dedicate al deposito temporaneo è molto importante e le stesse devono essere adeguatamente contrassegnate e delimitate, al fine di evitare ogni possibile dispersione di sostanze pericolose.
Anche sui contenitori dei rifiuti speciali devono essere presenti le necessarie etichette informative, tra cui in primis il codice C.E.R. (Codice Europeo Rifiuti), che ne determina provenienza, processo dell’attività generatrice e tipo di rifiuto generato. Il codice identificativo C.E.R. viene utilizzato sia nel caso di rifiuti pericolosi sia nel caso di rifiuti non pericolosi. Quando il codice C.E.R. identifica un rifiuto pericoloso esso verrà seguito da un *.
Il trasporto dei rifiuti deve avvenire all’interno di appositi colli.
È però doveroso distinguere quelli che sono rifiuti pericolosi secondo la normativa dei rifiuti, cioè quelli che hanno un codice C.E.R. seguito da un *, e quei rifiuti che sono pericolosi secondo il trasporto di merci pericolose ADR e che quindi sono assegnati ad un numero ONU. Analizziamo il caso di un rifiuto pericoloso assimilabile all’ADR. Partendo dal numero ONU e dal quantitativo di merce da spedire bisognerà identificare l’imballaggio corretto e, una volta identificato, i colli dovranno essere contrassegnati con:
- Etichetta/etichette di pericolo
- Eventuali marchi, per esempio “pericoloso per l’ambiente”
- Numero ONU, preceduto da “UN”
- Etichetta “R”
- Codice C.E.R.
- Etichetta con informazioni di pericolo simile a quella CLP
L’analisi del rifiuto.
Un altro aspetto molto importante è l’analisi del rifiuto. Innanzitutto perché definisce la non pericolosità o la pericolosità dello stesso e, in questo caso, il tipo di pericolosità.
Qualora vengano apportate modifiche al ciclo produttivo di un rifiuto o alla composizione del rifiuto stesso, inoltre, l’analisi va ripetuta in modo da garantire la massima sicurezza per l’ambiente e la salute umana.
L’analisi è quindi un’attività volta alla classificazione corretta del rifiuto. Per esempio, i dati derivanti dalle analisi di laboratorio sono essenziali anche per l’assegnazione corretta del numero ONU. È importante sapere che ci sono casi in cui l’analisi può essere evitata, come per esempio quando un prodotto viene smaltito senza che esso sia mai stato contaminato e che quindi conserva tutte le sue caratteristiche iniziali di pericolosità o non pericolosità.
Tutti i materiali, per essere avviati a corretto recupero o smaltimento, devono essere sottoposti ad una verifica analitica prendendo in considerazione tutti i fattori di pericolo (codici H) e di pericolo ambientale (HP) che possono essere presenti nei rifiuti evasi dall’attività di risanamento.
Il legislatore europeo e italiano prescrive che quando un soggetto intende disfarsi di un materiale o una sostanza, ovvero deve disfarsi per obbligo di legge, quel materiale o quella sostanza diventano rifiuti. I rifiuti poi si suddividono in urbani e speciali. Nel caso in studio i rifiuti avevano caratteristiche per essere denominati speciali. Inoltre i rifiuti speciali si suddividono in pericolosi e non pericolosi. Al fine della relativa determinazione (classificazione) è obbligatoria la verifica analitica soprattutto per il fatto che il codice attribuito (EER 170904 – rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione diversi da quelli di cui alle voci 170901, 170902 e 170903) rappresenta un codice a specchio per cui è obbligatoria la verifica della pericolosità o non pericolosità.
Inoltre ci si chiede se i rifiuti possono essere lavorati, ovvero trattati in situ per poterne “alleggerire” la pericolosità. Tale attività di trattamento eseguita sui rifiuti è possibile solo attraverso un’autorizzazione da attivarsi presso la competente struttura della Provincia di Vicenza e Arpav nonché Spisal.
Come smaltire i rifiuti speciali quindi?
Come abbiamo visto, una volta che il rifiuto è stato prodotto può rimanere nel luogo di produzione secondo le direttive del deposito temporaneo. A questo punto i rifiuti devono essere smaltiti e in proposito l’azienda produttrice ha due opzioni possibili:
- Inviare i rifiuti negli appositi impianti di recupero o smaltimento ogni 3 mesi, a prescindere dalla quantità prodotta.
- Inviare i rifiuti negli appositi impianti di recupero o smaltimento entro 1 anno dalla produzione, qualora la quantità sia inferiore a 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.
Con lo smaltimento, che avviene in appositi impianti a seconda della natura e della pericolosità del rifiuto, si conclude definitivamente il ciclo di vita di un rifiuto speciale pericoloso o non pericoloso.